Piglia di farina oncie 4, povine fresche tre o di formaggio fresco libbra una, e di formaggio duro libbra mezza grattato, di formaggio salato oncie tre, e tanto levaturo quanto è mezzo uovo; e pista bene ogni cosa nel mortaio. E ponigliuova sei battute seco, e uno bicchiero di latte, e oncie 3 d'acqua rosa; e mescola bene ogni cosa insieme. E se ti paresse che il detto pastume fosse troppo duro, gli aggiungerai un poco di latte, tanto che stia bene, e oncie 3 d'uva passa; e per tempo d'estate gli porrai una oncia di fiore di sambuco a pistare secco. E poi con una gucchiara farai le tue frittelle, grandi e piccole, secondo che ti parerà. Poi le cuocerai in grasso colato o butiro, o dileguito libbre 3. E come saranno cotte, e per imbandirsi, gli ponerai sopra di zucchero grattato oncie quattro. |
farina ricotta (formaggio fresco) formaggio da grattugiare formaggio salato lievito uova latte acqua rosa uva passa fiori di sambuco unto (burro, strutto) zucchero |
Prendi quattro once di farina, tre ricotte di giornata oppure una libbra di formaggio fresco, una libbra e mezza di formaggio grattugiato, tre once di formaggio salato, la quantità corrispondente a mezzo uovo di lievito e pesta ogni cosa nel mortaio. Aggiungi al composto sei uova sbattute, un bicchiere di latte, tre once d'acqua rosa e fai amalgamare bene. Se il composto dovesse risultare troppo denso, allungalo con una quantità adeguata di latte e tre once d'uva passa. Nel periodo estivo pesterai assieme aglialtri ingredienti anche un'oncia di fiori di sambuco. Poi con un cucchiaio farai le frittelle grandi o piccole, a tuo piacimento. Le friggerai nell'unto, o nel burro, o in tre libbre di strutto. Quando saranno pronte da servire le spolverizzerai con tre once di zucchero in polvere. |
La parola 'frittella', come il verbo 'friggere', ha un'origine etimologica onomatopeica: deriva il suo nome dal "rumore", dallo sfrigolio dell'unto nella padella. Era una pietanza, e un metodo di cottura, allora come oggi, molto comune e non è difficile reperire anche nei testi letterari la loro menzione; Teofilo Folengo, ad esempio, nomina le "frittolae" e le "fritellae", oppure il Burichiello le "fritelle erbate". Anche i libri di cucina contengono quindi molte ricette per fare frittelle, spesso raggruppate in un capitolo apposito (Martino Rossi, Plaina, ecc.). Le frittelle potevano essere dolci o salate, con carne o pesce, con frutta o legumi, ma anche senza nulla dentro, come le famose "frittelle piene di vento" di Maestro Martino, "che si gonfieranno le frittelle che pareranno piene e saranno vote", una ricetta di tanto effetto da essere riproposta anche da Cristoforo Messisbugo.
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